I vini Italiani nell’800

La rinascita dei vini italiani coincide con il periodo nero di quelli francesi, vale a dire gli ultimi trent’anni dell’Ottocento.

I vini francesi erano stati messi a terra dalla fillossera, all’epoca non ancora arrivata in italia, i vignaioli di Borgogna e di Bordeaux furono costretti a subire la concorrenza dei colleghi italiani che da Piemonte, Valtellina, Veneto e Toscana cominciavano a mettersi in luce.

In un’epoca in cui non esistevano ancora sistemi avanzati di controllo della temperatura durante la trasformazione del mosto in vino, la cosa migliore era vinificare in zone dove dall’autunno in avanti il freddo permetteva fermentazioni lente e complete che lasciavano un prodotto privo di zuccheri, asciutto e di grande stoffa.

Vini con tali caratteristiche potevano rimanere in botte anche per dieci anni e più,
Ecco nascere quindi, su colline diboscate nella fascia pedemontana dell’alto Novarese e Vercellese produzioni di Nebbiolo che prendono il nome dei paesi in cui nascono:

  • Gattinara
  • Ghemme
  • Lessona

In quest’ultimo paese in particolare il taglio del Nebbiolo con piccole quantita di Bonarda e Vespoiina permette la creazione di un vino di grande eleganza e delicatezza.

mappa dei vini italianiIn questa zona il vitigno originario Nebbiolo acquista caratteristiche proprie formando una varietà che prende il nome di Spanna (lo
stesso che i contadini locali danno al bastone di sostegno della vite).

In Valtellina la viticoltura esisteva da epoche antichissime, e aveva la massima espressione nello “Storzato”, che aveva conquistato il mercato svizzero e tedesco.

In Veneto, con caratteristiche simili (uva vinificata dopo un periodo di appassimento per avere maggiore gradazionze alcolica) lo stesso successo avevano il “Recioto”, forte e di sapore dolce, e il “Recioto Amarone”.

L’uva veniva fatta appassire sulla pianta, dopo averne torto il picciolo in modo da interrompere l’ailusso di linfa, ed e il sistema che ha dato luogo ai “Torcolato” che si produce ancora oggi a Breganze nel Vicentino.

In Toscana, dov’era ormai consolidata da molto tempo la fama del Carmignano prodotto nei vigneti attorno alle stupende ville medicee di Artimino e di Poggio a Caiano, nasceva intanto un nuovo vino destinato a imporsi in tutto il mondo, il Brunello di Montalcino. A creario era stato Ferruccio Biondi-Santi, un proprietario ritornato a curare le sue terre dopo aver combattuto con Giuseppe Garibaldi.

Trovate danneggiate dall’oidio e dalla peronospora le vecchie vigne di Moscatello, Biondi~Santi concentro la sua attenzione sulla varietà locale di Sangiovese, detta anche Sangioveto Grosso o Brunello per le dimensioni e il colore degli acini: pianto nuovi vigneti e provò il metodo usato a Barolo conservando il vino per dieci anni in botte. Quando si sentì pronto lo propose al mercato e iu un
successo.

Era l’annata 1888, nascita ufiiciale di un grande vino. La via tracciata da Ferruccio Biondi-Santi iu seguita da Giovanni Colombini, allora rettore magnifico dell’Universita di Modena e appassionato víticoltore, che diede vita alla Fattoria dei Barbi, poi da molti altri. Ultima in ordine di tempo e stata la nascita di Castello Banti dove è stato creato un imponente centro di produzione modernissimo.

Devono passare dal lancio del Brunello di Montalcino ottant’anni esatti per veder sorgere in italia, sia pure sullo sfondo di un’enologia in conti una evoluzione, un nuovo grande vino.

Ciò avviene infatti nel 1968, quando, nella sua tenuta di Bolgheri, il marchese Mario incisa della Rocchetta pianta un certo numero di barbatelie di Cabernet Sauvignon e Cabernet

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