Quale vino per quale piatto?

Vini novelli o stagionati

Difficile bere un Barolo invecchiato in una veranda affacciata sul mare in una giornata afosa d’agosto. Se l’inverno è la stagione dei vini di grande struttura e più o meno lungo invecchiamento, l’estate ama invece bottiglie di facile beva.

D’ estate si debbano bere solo i vini bianchi (o al massimo rosati) e d’inverno solo vini rossi. Esistono dei vini bianchi di grande struttura e complessità, che esaltano tutta la loro potenza con piatti carichi di sapori, così come ci sono dei rossi che sembrano fatti apposta per essere serviti freschi d’estate.

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Nessuno abbia paura nella stagione estiva a chiedere che un vino rosso giovane, leggero, brioso e povero di tannini gli sia servito fresco: l’importante è non annacquarlo col ghiaccio.

Ma un Bardolino, un Chianti o un Sangiovese giovani, una Freisa o una Barbera non invecchiata, un Gutturnio o una Bonarda nel secchiello refrigerante d’estate ci stanno eccome.

Così come certi vini bianchi particolarmente adatti all’invecchiamento per la loro grande struttura (e sono di più di quanti si pensi) non necessariamente devono essere portati in tavola gelati.

L’abbinamento regionale

E’ felice l’abbinamento ‘regionale’ fra i piatti e i vini d’una determinata zona.
Certamente ci sono motivazioni storiche e culturali che rendono pressoché perfette certe associazioni vino-cibo ‘locali’.

E allora perché azzardare matrimoni strani quando la storia e la tradizione hanno già creato un connubio enogastronomico perfetto?

Lo zampone pretende un Lambrusco della sua terra, i pizzoccheri si sposano mirabilmente coi rossi valtellinesi, le trenette al pesto, orgoglio della cucina ligure, vogliono un bianco della riviera, la bagna cauda, rustica compagna di pranzi piemontesi autunnali, esige Barbera e Dolcetto.

Quando girate per l’Italia, fatevi guidare dai buongustai del luogo nella scelta del vino da maritare alle ricette tradizionali: rischierete sempre di meno che tentare un abbinamento forzato. Soprattutto quando la sicurezza è data da anni e anni di sperimentata tradizione locale.

L’abbinamento per similitudine

L’abbinamento per similitudine è quello che vuole sfruttare al meglio alcune caratteristiche comuni del piatto e del vino.

Lo si adotta in particolare per cercare la bottiglia giusta nel caso di piatti aromatici o speziati: un vino caratterizzato da forti sensazioni aromatiche, fruttate e floreali potrà esaltare le proprie peculiarità con un piatto che disponga di caratteristiche analoghe.

Lo stesso criterio viene adottato anche al momento del dessert: per un dolce occorre scegliere un vino dalla dolcezza più o meno spiccata, a seconda del prodotto di pasticceria che ci si trova ad assaggiare.

L’abbinamento per contrasto

Come fare a scegliere il vino giusto quando ci si trova in presenza di alimenti o di piatti dalle spiccate sensazioni di grassezza o di untuosità?

Come si fa a decidere che bottiglia accostare alle preparazioni contraddistinte da una più o meno pronunciata tendenza acida?

Sbagliare la scelta del vino può voler dire rischiare di rovinare il pranzo. Facciamo un esempio: se abbiamo a che fare con un piatto dalla notevole tendenza acidula, sarebbe sbagliato rafforzare ulteriormente tali sensazioni gustative utilizzando un vino che abbia tra le caratteristiche distintive proprio la buona acidità.

In simili frangenti la soluzione migliore la si può cercare attraverso l’applicazione del criterio dell’abbinamento per contrasto, in base al quale si raggiunge l’armonia fra vino e cibo stappando bottiglie capaci di attenuare piacevolmente le caratteristiche del piatto.

contrasto

Le sensazioni acide di alcuni piatti, e così pure quelle amarognole o di notevole sapidità, andranno pertanto attenuate utilizzando vini particolarmente morbidi. La tendenza dolce di alcuni ingredienti (si pensi ad esempio ai crostacei) potrà trovare un gradevole contrasto nella fresca acidità o nell’effervescenza di alcuni bianchi. La pronunciata untuosità di taluni piatti particolarmente strutturati sarà ben bilanciata da un rosso di buona tannicità.

Un piatto leggero insaporito con dell’olio extravergine d’oliva potrà essere accostato a un vino bianco che sia ‘caldo’ di alcol, in grado dunque di pulire bene la bocca dalla sensazione untuosa senza devastare gli aromi dell’olio. Le bollicine degli spumanti hanno la straordinaria capacità di sgrassare in maniera esemplare la bocca senza rovinare gli aromi dei cibi.

Quello della contrapposizione è pertanto un criterio non facilissimo da applicare, ma comunque in grado di offrire soluzioni appropriate anche nelle situazioni più difficili. 

Dove imparare

Ribadito che nel campo dell’abbinamento cibo-vino non c’è migliore scuola della pratica, resta il fatto che una buona preparazione teorica può aiutare moltissimo.

Un ottimo indirizzo, soprattutto per gli ‘addetti ai lavori’ (ma non solo per loro), è quello dell’Associazione italiana sommeliers (Ais), con sede a Milano: nelle varie sezioni sul territorio nazionale propone dei lunghi, impegnativi, ma anche eccellenti corsi sul vino. Per agevolare la ricerca del giusto accostamento, l’Associazione Italiana sommeliers ha elaborato un metodo grafico per ricercare il miglior abbinamento cibo-vino attraverso il criterio della contrapposizione: viene insegnato nei corsi (aperti al pubblico) tenuti nelle varie sedi di questo sodalizio, che riunisce molti professionisti del settore.

Un approccio ‘giocoso’ è quello offerto da Slow Food Arcigola, che ha sede a Bra (Cuneo) è presente nelle varie province italiane con le sue Condotte, che organizzano frequentemente i cosiddetti Laboratori del Gusto: momenti di degustazione, guidati da esperti, con abbinamento cibo-vino.

Un altro organismo diffuso sul territorio italiano è l’Organizzazione nazionale assaggiatori di vino (Onav), che ha sede ad Asti: propone corsi di notevole livello rivolti ad appassionati e neofiti.

 

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Chi è l'autrice

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