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Come le viti e l’uva, il Vino essendo un liquido organico, subisce infatti continue modifiche biologiche, chimiche o fisiche.
Ancora da mosto, corre il rischio di essere invaso da innumerevoli microrganismi che possono influire negativamente sulla sua futura costituzione: alcuni possono essere considerati di poca importanza e di facile eliminazione; altri, invece, sono parassiti difficilmente separabili o almeno neutralizzabili nella loro azione nefasta.
Durante la fermentazione del vino, ci sono diverse malattie che possono colpire il mosto e causare problemi nella produzione del vino. Ecco alcune delle malattie del vino più comuni durante la fermentazione:
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Fermentazione bloccata: la fermentazione del vino si blocca a causa di una carenza di nutrienti per i lieviti o di un’eccessiva presenza di anidride solforosa. Il vino risulterà zuccherino e poco alcolico.
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Fermentazione secondaria indesiderata: i lieviti, dopo la fermentazione alcolica, possono riprendere la fermentazione, creando nuove bollicine e una fuoriuscita di anidride carbonica dalle bottiglie.
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Ossidazione: il contatto del mosto o del vino con l’ossigeno può portare alla formazione di sostanze ossidate, che causano un gusto di stantio e un colore scuro.
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Riduzione: un’eccessiva presenza di anidride solforosa può causare un odore di uovo marcio e un sapore poco gradevole.
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Muffa grigia: una muffa grigia può formarsi sulla superficie del mosto o del vino, causando un odore e un sapore di muffa.
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Brettanomyces: questa malattia può causare un odore di stallatico e un sapore poco gradevole, che può essere difficile da rimuovere dal vino.
Per prevenire queste malattie, è importante mantenere un’igiene scrupolosa durante la lavorazione del vino, controllare la temperatura e il pH del mosto e monitorare attentamente il processo di fermentazione. In caso di problemi, è consigliabile rivolgersi a un esperto per risolvere la situazione.
Le malattie del vino si possono distinguere in :
Tare congenite determinatesi con l’ammostamento
Le forme patologiche da insufficienza di acidità fissa; quelle opposte, da un eccesso di acidità fissa; quelle prodotte da acescenza causata dal bacterium aceti che operando la scissione dell’alcool etilico, lo trasforma in acido acetico per ossidazione.
Anche l’utilizzazione di uve avariate può determinare un’anomala costituzione del vino e quindi una sua alterazione patologica; così pure influiscono negativamente un rilevante residuo di zuccheri fermentescibili o presenze di fermenti mannitici.
È evidente che la sorveglianza del processo di vinificazione, l’iniziale selezione delle uve (quando sia ritenuta necessaria), la separazione delle uve sane da quelle ammalate o avariate, e perciò ammuffite, sono operazioni indispensabili.
Difetti provenienti da una conservazione difettosa
Nel secondo gruppo di malattie, si includono:
il vino a gusto di vinaccia, il vino a gusto di muffa e due forme:
a) effettivamente microbiologiche,
è prodotta, come si è detto, dal hacterium aceti e da altri batteri ugualmente ossidificanti che si insediano nel vino durante la vinificazione; questa deve essere curata eseguendo con costanza le follature, evitando le alte temperature nel locale in cui avvengono la fermentazione, il riposo e l’affinamento. I batteri sono eliminabili con la rifermentazione, con l’uso attento di prodotti chimici deacidificanti, con la sterilizzazione a mezzo dell’enotermo, ed altri.
b) la “fioretta”.
è prodotta, come si è detto, dal hacterium aceti e da altri batteri ugualmente ossidificanti che si insediano nel vino durante la vinificazione; questa deve essere curata eseguendo con costanza le follature, evitando le alte temperature nel locale in cui avvengono la fermentazione, il riposo e l’affinamento. I batteri sono eliminabili con la rifermentazione, con l’uso attento di prodotti chimici deacidificanti, con la sterilizzazione a mezzo dell’enotermo, ed altri.
la fioretta è prodotta da germi aerobici ed è propria del vino a bassa gradazione alcolica. Il vino si preserva da questa malattia in modo vario (colmature, trattamenti solforosi, ecc.) e lo si cura facendo traboccare il vino ammalato, poco a poco, in modo da far uscire la fioretta e sostituendolo con alcool puro.
D’origine chimica e da origine microbica, fra le quali la “casse”:
una malattia che fino al 1893 creava danni considerevoli all’enologia. Da allora, appurato che era determinata da una diastasi ossidante (ossidasi), si è potuto combatterla con una buona tecnica vinaria. In particolare, per una idonea cura, servono la cernita delle uve, l’eliminazione degli acini secchi o marciti, l’aggiunta di forti dosi di anidride solforosa.
Nella “casse ferrica”,
malattia che colpisce qualsiasi vino, questo appare normale fin che si trova nel suo recipiente originario dopo l’ammostamento; poi, aperto il recipiente, lo si vede improvvisamente precipitare in una sostanza poco solubile, di colore blu-nerastro e con gusto nettamente metallico; si formano, cioè, dei sali ferrici che sono dovuti all’azione di scioglimento del ferro dei recipienti nel vino e alla successiva combinazione con i tannini.
Anidride solforosa e acido citrico ritardano questa precipitazione; il successivo trattamento con acqua ossigenata e la successiva chiarificazione eliminano poi l’acido citrico.
La “casse rameica”
è una malattia che si presenta con manifestazioni opposte a quelle delle altre: segnalata nel 1918, essa è legata alla formazione di fenomeni riduttivi con formazione di sali di rame; è non naturale e poco frequente.
Il “girato” (o “cerchione”)
è una malattia frequente nei climi caldi ove si trova, probabilmente, allo stato endemico; visto al microscopio, un vino colpito da “girato” si mostra abitato da un gran numero di batteri filiformi, trasformando tali sostanze in gas carbonico e in una miscela di acidi vari (acetico, propionico, butirrico).
Questa malattia si presenta, dunque, nei vini fatti e conservati a temperature non fresche e si evita con i frequenti travasi arieggianti che impediscono l’avvento dei suddetti parassiti; può apparire, talora, in mosti ancora in fermentazione.
Anche il “filante” (o “grassume”) è una malattia fungina microbica; appare solitamente sui vini bianchi, e a seguito di essa si sviluppa abbondante gas carbonico mentre si perde il gusto del vino. Gli zuccheri primitivi, infatti, vengono trasformati in mannite, ecc.
La malattia si produce in vini preservati dal contatto dell’aria. È malattia comune nella Champagne ove i vini sono poco carichi di sostanze tanniche; varia di frequenza con l’annata, ma è più probabile se le viti sono state colpite da peronospora.
L’anidride solforosa è il trattamento più sicuro per preservare i vini da questo malanno che si deve evitare, ma che si può anche opportunamente curare con adatti trattamenti chimici seguiti dalla chiarificazione e dalla filtratura.
Una malattia che si manifesta precocemente (talvolta prima della svinatura) è l’“agrodolce”,
data da una speciale fermentazione dello zucchero dei mosti (fermentazione mannitica). Come spiega eloquentemente il nome, con l’agrodolce il vino acquista un sapore dolciastro nauseante e nello stesso tempo acido.
L’ ascenza o “spunto”,
Ricordo, infine, un’altra malattia:
L’ “amaro”, dovuto a germi patogeni della vinificazione;
colpisce i vini fini sotto forma di una “casse” abbondante, provocando l’alterazione del sapore (amaro e disgustoso).
È causato da agenti microbici filamentosi, di notevole lunghezza e sottigliezza, che furono già posti in evidenza dal Pasteur e studiati successivamente, in via sperimentale, dagli italiani Perroncito e Maggiora.
Talvolta la malattia può arrestarsi perché la materia colorante che precipita e il tannino incapsulano il batterio. Ma è sempre grave, nelle sue conseguenze economiche, per il fatto stesso che colpisce i prodotti migliori.
E’ prodotta, come si è detto, dal hacterium aceti e da altri batteri ugualmente ossidificanti che si insediano nel vino durante la vinificazione; questa deve essere curata eseguendo con costanza le follature, evitando le alte temperature nel locale in cui avvengono la fermentazione, il riposo e l’affinamento.
I batteri sono eliminabili con la rifermentazione, con l’uso attento di prodotti chimici deacidificanti, con la sterilizzazione a mezzo dell’enotermo, ed altri.